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Dal 18 aprile sarà esposta a Castelleone di Suasa l’icona della Madonna con il Bambino

Dal 18 aprile sarà esposta a Castelleone di Suasa l’icona della Madonna con il Bambino

L’opera, commissionata da monsignor Umberto Mattioli, è stata realizzata dalle maestranze della ditta di ceramiche d’arte Sambuco

CASTELLEONE DI SUASA – Domenica 18 aprile, alle ore 10, sarà esposta a Castelleone di Suasa, nella Chiesa di San Francesco di Paola, l’icona della Madonna con il Bambino, riprodotta su pietra maiolica, su precisa indicazione di monsignor Umberto Mattioli, dalle maestranze della ditta di ceramiche d’arte Sambuco di Deruta.

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Api in volo. Dalla roccaforte spirituale di Monte Athos in Grecia a una chiesetta di origine seicentesca posta ai piedi del borgo di Castelleone di Suasa: Santa Maria di Massa (dall’antico toponimo “massa” che indicava un insieme di fondi rustici), detta anche “Madonna del Vallato” perché accanto vi scorreva un tempo il “vallato”, il canale che azionava il molino lungo il corso del Cesano, situato dove oggi si trova il vivaio Conti.

Una lunga storia di devozione che vedeva la chiesa, nata come piccola edicola e più volte riedificata e restaurata nel corso dei secoli, molto frequentata dalla gente del luogo. Chi passava per la via del fiume, vi entrava a pregare, vi lasciava fiori, accendeva candele, affidando affanni e speranze alla dolce immagine della Madonna con il Bambino in braccio, effigiata sull’altare con alle spalle il profilo di Castelleone.

Gli anni e gli eventi non hanno risparmiato la chiesa. Mentre la devozione popolare, un tempo così viva, si andava affievolendo, l’umidità ne corrodeva le mura, danneggiando anche l’immagine sull’altare. Nel settembre 1985, l’allora parroco monsignor Umberto Gasparini fece sostituire l’affresco danneggiato con una tela opera del pittore ostrense Piergiovanni Antici.

Dopo il terremoto del 2016, l’edificio è stato chiuso in attesa di restauro. Nel frattempo, don Umberto Mattioli, nato a Castelleone e per lunghi anni parroco di Corinaldo (che oggi è unito al vicino borgo collinare con un unico parroco) ha pensato a come ravvivare l’antica venerazione che legava la gente del suo paese a questa chiesa. Ed ecco entrare in scena le api del Monte Athos. Anche in questo luogo sacro, fitto di monasteri antichissimi, esiste una chiesa in disuso dove è effigiata una Madonna con il Bambino.

Senza che alcuno se ne accorgesse, uno sciame di api vi è entrato e ha cominciato a costruire il proprio alveare intorno all’immagine sacra. Celletta dopo celletta, le api hanno ricoperto l’icona, lasciando libere solo le figure di Maria e Gesù. Come se avessero compreso la sacralità dell’immagine e per questo avessero evitato di ricoprirla. Un fatto che ha quasi del miracoloso e sembra sottolineare il significato profondo che le api hanno sempre avuto per l’umanità.

Citata un centinaio di volte nella Bibbia, la parola dbure, che in ebraico significa ape, deriva dalla radice dbr che significa parola. La Parola, il Verbo. Come le api fecondano il fiore dando vita al frutto, così la Parola dà origine alla vita. Colpito dall’immagine e dal suo significato, don Umberto Mattioli ha deciso di riproporla, facendola riprodurre su pietra maiolicata dalle Ceramiche Sambuco Mario di Lucio e Luca Sambuco, di Deruta.

L’opera verrà esposta domenica 18 aprile alle 10 a Castelleone nella chiesa di San Francesco di Paola. La speranza è che, di fronte a questa immagine così singolare che simboleggia il legame fra natura e religione, anche l’interesse per l’antica chiesetta rurale abbandonata si risvegli e la Madonna del Vallato possa essere restaurata e riaperta. E soprattutto frequentata dagli abitanti del luogo.

Il decadere dei luoghi di culto sembra infatti andare di pari passo al degrado degli ambienti naturali. Colture intensive, diserbanti, pesticidi mettono in difficoltà le api. Da quando nel 2006 un apicoltore americano scoprì per la prima volta i propri alveari semideserti, il loro numero, con quello di altri insetti impollinatori, è andato drammaticamente diminuendo. E anche il miele, cibo divino con cui secondo la mitologia greca venne nutrito Zeus, è destinato a rarefarsi. Riaprire la piccola chiesa campestre alla devozione popolare significa anche risvegliare quell’amore e quel rispetto per la natura che papa Francesco va da sempre predicando. Natura da utilizzare per la nostra vita ma da non sfruttare selvaggiamente fino a rischiare di non sentire più il ronzìo delle api e di non vedere più il fiore trasformarsi in frutto. Che non rimanga di questi insetti mitici solo il ricordo, affidato ai bellissimi dipinti della pittrice seicentesca Giovanna Garzoni (di Ascoli Piceno, tanto per rimanere nelle Marche) che li raffigura su limoni e ciliegie. Api silenziose che, come quelle del Monte Athos, ci ammoniscono.

 

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