CENTROCULTURA

Nel 200° anniversario di Anita Garibaldi ricordato il passaggio nelle Marche

Nel 200° anniversario di Anita Garibaldi ricordato il passaggio nelle Marche

SENIGALLIA – In occasione del 200° anniversario della nascita di Anita Garibaldi, l’Associazione culturale “Sena Nova” di Senigallia, nella persona del fondatore, prof. Camillo Nardini, venerdì 23 aprile ha allestito una conferenza online commemorativa, intesa altresì a ricordare che il Brasile, paese d’origine della moglie dell'”Eroe dei Due Mondi”, è attualmente vittima di una grave emergenza Covid e sollecitare eventuali donazioni a favore dei “Medici Senza Frontiere”, associazione volontaristica presente in loco e degnamente rappresentata nelle Marche dalla memoria di Carlo Urbani, premiato a Stoccolma con il Nobel come responsabile italiano dell’ente internazionale, nonché eroico scopritore e vittima del primo Coronavirus o SARS.

L’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini, presieduta dalla pronipote dell’eroina prof. Annita Garibaldi Jallet, che ha pubblicizzato nel proprio sito l’iniziativa, sta celebrando la ricorrenza in Italia e in Brasile, con manifestazioni, medaglie commemorative e il progetto “una rosa per Anita”, piantumata nei luoghi da lei frequentati.

In gran parte noti sono i fatti descritti dal relatore prof. Ettore Baldetti, presidente della sezione marchigiana di Castelbellino dell’associazione garibaldina, nella relazione intitolata “Luglio 1849: i coniugi Garibaldi nelle Marche inseguendo un ideale”. All’indomani della fuga del papa senigalliese Pio IX da Roma, travolto da sollevazioni per quelle rivendicazioni libertarie che lui stesso aveva contribuito a diffondere, nel gennaio del ’49 si costituiva nell’antico Stato Pontificio una repubblica democratica, con governo triumvirale poi di fatto guidato da Giuseppe Mazzini, mentre il papa chiedeva l’intervento degli stati cattolici per ritornare al potere.

Dopo un sanguinoso assedio alla capitale di ben 26 giorni, l’Assemblea costituente romana decideva di attendere, nella sua sede del Palazzo Senatorio in Campidoglio, l’ingresso delle truppe francesi, stilando una dichiarazione di denuncia della prevaricazione subita, sottoscritta altresì dal patriota Vincenzo Cattabeni di Senigallia.    Garibaldi partì il 2 luglio con la moglie brasiliana – la ventisettenne Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, da lui soprannominata ‘Anita’ – in dolce attesa, e  4.700 uomini,  per portare soccorso alla resistenza della Repubblica di Venezia. Braccato da 4 eserciti, il Nizzardo riuscì a raggiungere il 26 luglio il versante appenninico dell’Alto Tevere, pur con uno schieramento decimato dalle defezioni e spossato per la prolungata marcia. Da qui, attraverso il valico di Bocca Trabaria entrò nelle Marche e, tramite Mercatello sul Metauro, Sant’Angelo in Vado, Lamoli di Borgo Pace, Lunano, arrivò a Macerata Feltria, con circa duemila volontari stremati e ormai circondati, tanto da essere costretto ad accogliere la proposta di entrare con i suoi uomini disarmati nella neutrale Repubblica di San Marino, per poi uscire di notte con duecento fedelissimi alla volta di Cesenatico e imbarcarsi verso Venezia. I barconi furono tuttavia intercettati dagli Austriaci e, nell’approdo di fortuna nella maremma ravennate di Comacchio, il condottiero perdette la compagna Anita, estremamente debilitata e vittima della malaria.

Una sfiancante marcia per centinaia di chilometri attraverso la penisola, per un tentativo quasi suicida unicamente ispirato dall’ideale dell’autodeterminazione dei popoli, con la collaborazione attiva di umili quanto anonimi popolani, di donne o uomini di chiesa, testimoni di una società che stava rapidamente maturando. Non a caso il ritratto ottocentesco della locandina-invito, di recente oggetto della contestata individuazione di Anita, è stato comunque scelto come immagine-simbolo dell’emancipazione di una donna nuova, benestante, elegante, ma vestita alla garibaldina, con atteggiamento fiero e volitivo, quasi anticipatrice delle lotte che agli inizi del ‘900 le donne condurranno per il diritto di voto, a partire dai paesi scandinavi, e per le altre successive conquiste del mondo femminile.

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