Il Centro Cooperativo Mazziniano ricorda il 171° anniversario della fucilazione di Girolamo Simoncelli
Il Centro Cooperativo Mazziniano ricorda il 171° anniversario della fucilazione di Girolamo Simoncelli
SENIGALLIA – C’ è un solo modo per rendere giustizia a chi giustizia non ha avuto, continuare a raccontare la sua storia. Questo è ciò che da 171 anni Senigallia fa caparbiamente, di generazione in generazione con la storia di Girolamo Simoncelli, fucilato dai mercenari pontifici assieme ad altri nove condannati sabato 2 ottobre 1852.
Quel giorno fu l’ultimo di una vera e propria mattanza giacché in tre giorni vennero eseguite ben ventiquattro condanne a morte in una Senigallia in stato d’assedio, abbandonata da molti cittadini e con le botteghe chiuse per protesta.
L’eco di questa ferocia fu talmente ampia che lo scrittore francese Victor Hugo nel 1856 in un appello agli italiani in cui li esortava all’unificazione parlò dei “patiboli di Senigallia”.
Simoncelli, dopo la caduta della Repubblica (4 luglio 1849) non solo non era fuggito pur avendone avuta la possibilità ma si era addirittura consegnato al “sinistro” giudice Pietro Battelli che fu poi il suo spietato accusatore. Riteneva di non avere commesso reati e di avere sempre agito per la sicurezza della sua città al meglio delle proprie forze e della scarsa disponibilità di uomini e mezzi, dentro dinamiche cittadine messe in atto da facinorosi, ignoranti, infiltrati e provocatori (i cosiddetti Ammazzarelli) il cui capo Gaspare Francesconi, detto Lasagna, alla caduta della Repubblica trovò rifugio presso don Raffaele Emanuelli, parroco di Tomba, oggi Castelcolonna.
Il tenente colonnello Girolamo Simoncelli, repubblicano e mazziniano, fu condannato pur essendo innocente “all’ultimo supplizio” dalla Sagra Consulta malgrado la stessa sorella di Pio IX e molti autorevoli personaggi di Senigallia fossero intervenuti in suo favore, tra questi anche Alexandrine de Bleschamp, principessa di Canino moglie di Luciano Bonaparte, fratello dell’imperatore Napoleone. Alexandrine era la madre di Carlo Luciano Bonaparte deputato della Repubblica Romana del 1849 il quale il 4 luglio aveva firmato la protesta dei deputati contro l’invasione francese, lui cugino del Presidente della Repubblica francese Luigi Napoleone Bonaparte.
La principessa aveva interceduto a favore di Simoncelli dopo che sua sorella si era recata per una disperata supplica presso il Casino della Marina di Senigallia, l’attuale Villa Torlonia, dove Alexandrine risiedeva. Non c’era infatti stato giorno durante i tre anni di carcere duro (di cui due di segreta) al quale fu sottoposta la guardia civica senigalliese, in cui la sua famiglia non avesse messo in atto un qualche tentativo di salvargli la vita.
Il Centro Cooperativo Mazziniano “Pensiero e Azione” il prossimo lunedì 2 ottobre ricorderà il martire laico nel 171° anniversario della sua fucilazione con una pubblica manifestazione così articolata:
alle 17,30 verrà deposta una corona d’alloro al monumento eretto in suo onore nel 1952 nell’attuale via Giuseppe Chiostergi con il saluto del presidente del Centro Alessandro D’Alessandro e con letture di Alessio Messersì;
alle 18,00 nella sala convegni del Centro Cooperativo Mazziniano il prof. Ettore Baldetti, già assessore alla cultura del comune di Senigallia e deputato della Deputazione di Storia Patria per le Marche, terrà una conversazione su: “Bonapartismo e indipendentismo nelle Marche centrali e a Senigallia, sede della napoleonide Villa Torlonia”.
La relazione farà luce su quel clima politico che si era diffuso anche nelle Marche dopo una esperienza che, malgrado l’esecrabile e sanguinoso sviluppo dell’espansionismo imperialistico di Napoleone Bonaparte in gran parte dell’Europa d’inizio Ottocento, aveva tuttavia portato con sé una rivoluzionaria innovazione politico-istituzionale, introducendo il nuovo modello statale borghese nel Vecchio Continente.
Il territorio marchigiano entrò dal 1808 nel Regno d’Italia napoleonico governato dal vicerè Eugenio Beauharnais, per le cui spese di corte l’imperatore, re e patrigno concesse le rendite dei beni ecclesiastici regionali espropriati ed indemaniati. All’indomani della disfatta napoleonica del 1815, tali possessi vennero confermati nel Congresso di Vienna all’ex vicerè e ai suoi famigliari, le cui più frequentate residenze, precipuamente situate a Senigallia, Monte San Vito e Civitanova Marche, divennero poi focolai insurrezionalistici fino alla creazione della Repubblica Romana del 1849. A Senigallia in particolare venne a risiedere, soprattutto nel periodo estivo, il fratello minore di Napoleone, Luciano, già presidente del Consiglio dei 500 e Ministro degli Interni, che aveva aperto le porte del potere nella Repubblica rivoluzionaria francese al futuro imperatore. Dei quattro edifici posseduti in città il più frequentato era il litoraneo, cioè Villa Luciana o Casino della Marina, poi Villa Torlonia, in ricordo della più potente famiglia romana di fine ‘800 che la detenne in quegli anni: qui morì nel 1855 Alexandrine de Bleschamp, allorchè era la zia del nuovo imperatore dei francesi Napoleone III.
Ancora una volta dunque strettamente intrecciate tra loro la grande storia e le piccole storie, come quella di Girolamo Simoncelli da Senigallia “ Italiano senza Italia, martire laico che visse e lottò per una Repubblica di cittadini liberi e uguali”.
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