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Il Comitato e l’antenna sul Cavallo: “Il Comune doveva proporre un sito meno impattante sul piano paesaggistico”

Il Comitato e l’antenna sul Cavallo: “Il Comune doveva proporre un sito meno impattante sul piano paesaggistico”

di GIUSEPPE BARTOLI*

SENIGALLIA – La nostra Amministrazione comunale (alla quale guardavamo con ben altre speranze) ha dichiarato di voler far chiarezza sull’antenna del Cavallo. Ma non l’ha fatta. Tutt’altro. Che i Comuni non possono introdurre divieti generalizzati per l’installazione di antenne (stazioni radio base per reti di comunicazione) è fatto notorio che, purtroppo, tutti conosciamo.

Come sappiamo bene che le certificazioni presentate dai gestori attestano livelli di campo elettromagnetico inferiori a quelli fissati dalla legge. Spiace che la nostra Amministrazione pensi di poter trattare centinaia di cittadini come se fossero sprovveduti alle prime armi.

Fin dal momento in cui è nato il Comitato spontaneo che il sottoscritto rappresenta, questi elementi erano ben presenti a tutti. Ed in effetti non abbiamo mai evocato emanazione di divieti ma abbiamo evocato “comunicazione”, “partecipazione” e “trasparenza”, anche al fine di evitare scempi paesaggistici quale quello che si è commesso.

Ed abbiamo evocato un fantasma: la pianificazione comunale prevista dalla legge 36 del 2001. Dopo 4 anni di insediamento dell’Amministrazione, il piano delle antenne non esiste.

Il nostro stesso legale Avv. Roberto Paradisi ha dichiarato testualmente: “La pianificazione comunale è prevista da una legge nazionale, l’art. 8 della legge 36/2001 ed ha l’obiettivo di garantire un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Senza pianificazione – ha sottolineato l’avvocato Paradisi – vige il Far West”.  Ora è del tutto evidente che, se da una parte, i Comuni non possono “vietare”, dall’altra possono e soprattutto devono “pianificare”.

Il che non è né potrebbe essere esercizio inutile (diversamente nemmeno si spiegherebbe il motivo dell’esistenza della norma e del ricorso stesso – seppure massivamente tardivo – ad una pianificazione affidata ai privati comunicata solo oggi dalla nostra Amministrazione). Ebbene, a fronte di una pianificazione (partecipata con la città), il Comune ben avrebbe potuto e dovuto avviare un dialogo con il gestore per proporre e incentivare la localizzazione nei siti individuati dalla pianificazione come previsto dalla legge. O comunque avrebbe potuto (nell’assenza colpevole di un piano delle antenne) aprire un dialogo con il gestore privato per proporre siti meno impattanti sul piano paesaggistico.

Vi sono sentenze di Tar e Consiglio di Stato che hanno sancito la legittimità, a fronte di una pianificazione comunale preventiva e tecnicamente idonea, di impedire ai gestori di collocare dove vogliono le antenne. Questo Comitato, anche per il tramite del proprio legale, ha chiesto solo all’ente pubblico di agire in ossequio a quanto previsto dalla legge 36 del 2001 e di attrezzarsi, in modo consapevole, per trattare con i privati a tutela dei propri cittadini.

Siamo consapevoli che poi le società private potrebbero (anche a loro rischio) aprire dei bracci di ferro (salvo quanto già stabilito dalla giurisprudenza amministrativa), ma rinunciare a priori ad amministrare (leggasi dialogare e presentare un serio piano delle antenne) per il bene dei cittadini e fare quanto in proprio potere per creare le condizioni di un dialogo costruttivo significa rinunciare alla vera politica del bene comune. E poco ci interessa la polemica strumentale, giocata sulla nostra pelle e sulla pelle dell’ambiente, di chi ha fatto installare più o meno antenne. Il bene comune. Questo è il tema.

*Presidente Comitato per il diritto alla partecipazione civica e per la tutela del paesaggio – Senigallia

 

 

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