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“Anche gli anziani hanno il diritto di essere curati fino all’ultimo giorno di vita”

“Anche gli anziani hanno il diritto di essere curati fino all’ultimo giorno di vita”

di MASSIMO BELLUCCI

TRECASTELLI – Mi è capitato di leggere diversi articoli sulla stampa locale nei quali un familiare di un malato ringrazia i medici dell’ospedale per la cortesia e la professionalità con cui hanno curato il loro congiunto.

La cosa mi ha fatto sempre un po’ riflettere. Si dirà: allora la sanità funziona, non è vero che va così male! Oppure: non bisogna riportare solo le brutte notizie, o le storie di malasanità, anche quando le cose vanno bene bisogna farlo sapere.

Ecco il punto. La notizia è che le cose vanno bene, vanno come devono andare, cioè un paziente viene ricoverato e lo curano, trattandolo cortesemente, lui e i familiari.

Ma non dovrebbe essere la normalità?

Io ho avuto a che fare spesso, negli ultimi anni, con medici e altri operatori sanitari, ospedalieri e territoriali; in alcuni casi posso condividere le affermazioni elogiative lette negli articoli (ho ringraziato di persona medici e infermieri anche senza fare articoli). In altri casi decisamente no. Non mi riferisco a problemi di cortesia formale, ma alla noncuranza della situazione di difficoltà, di oggettiva fragilità di una famiglia che deve gestire malati al suo interno.

A volte mi è arrivato chiaramente il messaggio che siccome il paziente è anziano, cosa stavo a insistere per curarlo o per farlo ricoverare? Il reparto è pieno. Quindi qualcuno deve rimanere fuori. E non sto parlando di accanimento terapeutico, ma di normali cure.

Per forza: i posti letto in ospedale sono insufficienti. In 10 anni tagliati 25.000 posti letto e oltre 42.000 dipendenti (fonte Quotidiano sanità). Ciò di fronte, mi sembra, ad un progressivo aumento dell’età media della popolazione.

Ma gli anziani non hanno forse il diritto ad essere curati fino all’ultimo giorno di vita? Smettono di essere cittadini (con pari diritti) solo perché hanno superato gli ottanta o i novanta anni?  E gli operatori sanitari a volte mi sono sembrati sotto pressione, costretti a lavorare di fretta; a volte (non intendo giustificarli), si esprimono in modo tanto affrettato da sembrare maleducato.

Le responsabilità politiche sono assai diffuse e generalizzate, riguardano tutti i maggiori partiti e tutti i ruoli istituzionali. Non è che i ministri della difesa o i semplici consiglieri regionali possono chiamarsi fuori perché non sono stati ministri o assessori alla sanità. Non hanno forse condiviso la linea di tagli, denominati eufemisticamente “riforme”? Hanno forse abbandonato le rispettive maggioranze (e poltrone)?

A proposito, vedo in giro che è cambiata la sigla, non più “asur”, ma “ast”. Un’altra “riforma”. Bene.

 

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