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“Vado al lavoro in bici, una scelta che appare ancora inusuale”

“Vado al lavoro in bici, una scelta che appare ancora inusuale”

di MASSIMO BELLUCCI

TRECASTELLI – Vado al lavoro (meteo permettendo) da Ripe a Senigallia in bici. Non dovrebbe essere una notizia: la maggior parte del tragitto è pianeggiante (poca salita), la distanza è breve, 15 chilometri circa. Non è un’impresa, eppure, dopo tanti discorsi sulla mobilità sostenibile, questo mio gesto appare ancora inusuale.

Pur andando nell’ora di punta non vedo nessun altro in bici, ma vedo centinaia di automobili.

Un giorno (non andavo al lavoro), ho fatto il gioco di contare le auto che incrociavo in ambedue i sensi, nel breve tragitto che va dall’incrocio della Nevola fino a Borgo di Sotto, a Corinaldo, circa due chilometri di salita tranquilla.

Ho incrociato 76 automobili, delle quali 72 erano col solo guidatore a bordo. Era metà mattinata.

Dove va tutta questa gente? E’ proprio necessario spostarsi sempre in auto? Metterci qualche minuto in più andando a piedi o in bici (o in autobus se c’è) significa perdere tempo?

Inoltre: bisogna sempre viaggiare da soli? Se centinaia di macchine vanno a Senigallia alla stessa ora, non sarà possibile mettersi d’accordo per fare con qualcuno un po’ di tragitto in alcuni giorni?

Una proposta concreta: i soldi del PNRR vanno spesi in vere piste ciclabili (non quei marciapiedi che di pista ciclabile hanno solo il nome nel progetto), che affianchino la Corinaldese e l’Arceviese, strade prevalentemente pianeggianti e molto trafficate. Dall’incrocio dell’Arceviese in poi (nei pressi dei vigili del fuoco) ci sono piste ciclabili che si snodano per Senigallia, ma c’è appunto questo problema, ed è uno dei motivi per il quale forse dismetterò questa abitudine, la cui piacevolezza è ridotta da un continuo serpentone di auto che sorpassano impestando l’aria, una ininterrotta processione che insiste già da molto prima dei vigili del fuoco, per diversi chilometri. Potrebbe essere una abitudine salutare ed ecologica, invece…

Il problema è culturale, partendo dai governanti fino ai cittadini. Nei piccoli comuni per decenni, per sindaci e assessori amministrare ha significato, soprattutto, asfaltare. E tutti i discorsi sulla transizione ecologica sono privi di decisioni politiche incisive.

Viviamo in una dimensione in cui bisogna fare tutto di fretta, arrivando con l’auto fino a un metro dal negozio o dall’ufficio. Uno stile di vita in cui non ci possiamo permettere di impiegare dieci minuti di più per fare un tragitto.  Non ci possiamo permettere di indugiare sulla bellezza dell’alba o l’odore del vento. Ma dove andiamo sempre di fretta? Credo che ci sia bisogno di fermarsi un po’, ogni tanto.

 

QS – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.quisenigallia.it

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